nebbie

mercoledì 29 febbraio 2012

Punta della Salute

Sfogliavano insieme ricordi, rendendoli nuovamente vividi di colori e odori, come fossero accaduti solo qualche giorno indietro.
Si erano ritrovati inaspettatamente solamente da un paio di mesi, incrociandosi in una coda allo sportello dell'Asl, lo spazio totemico dove gli anziani attendono con la pazienza di chi non ha più urgenze, portando nella borsa o sotto il braccio carteggi che di anno in anno si fanno sempre più corposi, autentici faldoni del decadimento fisico.
Lui aveva ancora la testa di riccioli, ormai bianchi, gli occhi dalla piega sarcastica, e la voce bassa, roca e calda che ad ascoltarla metteva sempre il brivido. Una voce da gitano, di calore e pigrizie languide che pareva raccontare di letti sfatti e risate intime anche quando parlava di problemi di pressione e di visite dal cardiologo: dalla voce l'aveva riconosciuto, e chiamato, con timidezza interrogativa.
La cosa straordinaria è che anche lui l'aveva riconosciuta.
Dagli occhi, aveva detto.
Era ricominciato così, attraversando anni e malinconie, come non fosse stato mai veramente interrotto, riversandosi addosso vita e avvenimenti in un fiume di parole, riprendendo l'abitudine di camminare all'infinito - peccato che l'età rendesse più lento il passeggiare e chiedesse un tributo notturno conteggiato in muscoli doloranti e  crampi improvvisi - per alzare improvvisamente lo sguardo e scoprire un dettaglio offerto dalla città al loro inesausto chiaccherare.
Nessuno dei due aveva smesso di fumare, per questo preferivano di gran lunga attraversare calli e campielli piuttosto che fermarsi in un bar dove sarebbe stato impossibile praticare il vizio: e gli sbuffi di fumo si intrecciavano come pensieri intorno a loro due.
Anche il loro fare l'amore era lento, e cauto, attento alle esigenze, placato dall'età se non dal desiderio: un fare l'amore nuovo, perchè al tempo non c'era stato, quando attraversavano a piedi la città per arrivare fino alla punta estrema della Salute e regalarsi l'apertura di quel gran teatro barocco che è bacino San Marco.
Lei ricordava, lo ricordava bene, quanto aveva desiderato accendersi nel tramonto per quel bacio che aveva aspettato e mai ricevuto. Desiderato al punto di sognarlo, sperarlo, ricordarlo come ci fosse veramente stato, che a renderlo vero era stato il suo disperato desiderarlo.
Lui le aveva confessato di aver meditato a lungo se reclamarla per sè, stringendola tra le braccia in quei tramonti accecanti che solo Venezia sa regalare in settembre, ma di aver alla lunga scelto di tacere, e partire, scomparendo dalla sua vita. L'aveva raccontato dando per scontato la sua accettazione, sorvolandoci quasi sopra, per passare a raccontare del peregrinare in Europa tra lavori diversi, occasioni e speranze, per decidere alla fine di tornare alla laguna e al richiamo dei gabbiani, solo, senza radici e senza foglie. Senza frutti.
Ma lei aveva taciuto, e non aveva raccontato degli anni che pure aveva passato ad aspettarlo nel cuore e nella testa, mentre si maritava, cresceva i figli, lavorava e ricordava.
Tra problemi di pressione e riscoperta del sesso, per quanto senile, capitò l'infarto: c'era da aspettarselo, che il vecchio cuore di lui si ribellasse a quell'improvvisa richiesta di tornare giovane, e la ribellione lo lasciò stremato nelle mani di lei, grato delle cure e dell'attenzione con la quale lo accudiva.
Fino alla sera in cui, girandosi, lei premette dolcemente sul viso di monello capriccioso il cuscino, spingendolo con forza inaspettata.
"quando te ne sei andato, senza una parola, senza girarti indietro, ho costruito per anni una vita per noi due. Ti ho attribuito poesie e risate, e tempo insieme. Ti ho dato figli e vicinanza: sei stata l'ombra della perfezione, il metro sul quale ho misurato tutti e tutto. E non sapevo, amore mio, davvero non sapevo, che lasciarmi fosse stato così facile. Così vedi, credo che sarà facile per te lasciarmi nuovamente. Perchè di fatto, mio bel bambino mal cresciuto, non ho voglia di fare l'infermiera ad un estraneo, per quanto lui mi ricordi il fantasma d'amore che ho inventato."

Ovviamente non ci fu particolare attenzione alla scomparsa di un anziano professore in pensione, senza parenti e amici che ne piangessero la dipartita: gli infermieri prontamente chiamati dalla signora furono straordinariamente gentili con quella vecchietta in lacrime, smarrita e debole, che delirava di una gioventù perduta. Qualche goccia di calmante fu più che sufficente, dopodichè portarono via il corpo.
Si occupò del funerale, dalla scelta dell'abito alla cassa, profondendo nella cerimonia finale tutte le energie che le restavano.
Quasi tutte. Un po' le serbò per fermarsi ad ammirare il gran teatro barocco del bacino dalla Punta della Salute, buttare in laguna una rosa rossa e strizzare complice l'occhio al bambino che reggendo una rana sembrava ricambiare, prima di andare a concedersi un piatto di spaghetti al nero di seppia. A una certa età son pesanti, ma vuoi mettere il gusto?

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